Cinema

Il nastro bianco

Il nastro bianco

È il 1913, la prima guerra mondiale è alle porte. In un villaggio tedesco strani e cruenti episodi agitano la tranquilla vita contadina di una comunità protestante. Il ritmo della vita, il suo muoversi in sincrono con lo scorrere delle stagioni, dalla semina alla raccolta, viene turbato profondamente. Un elemento nuovo, un’insolita crudeltà emerge e prepara quella comunità ad un profondo stravolgimento. Haneke in Il nastro bianco (2009) indossa ancora una volta i panni dell’abile scrutatore della psiche umana. Il suo film è profondo ma di quella profondità che si muove tutta in superficie. Racconta un cambiamento epocale, la matrice culturale e sociale che porterà al nazismo. Lo fa attraverso la storia di quattro famiglie, quasi un caleidoscopio della società del tempo. Quella di un dottore, di un pastore luterano, di un barone e di un contadino. Le loro storie si intrecciano e l’effetto è quello di fornirci un’incredibile spaccato di una società spazzata via dai tragici eventi degli anni successivi. Il regista austriaco descrive i rapporti di potere all’interno dei nuclei famigliari, come questo potere dei capifamiglia incancrenisca, arrivi alla violenza fisica, all’incesto, si rivolga contro se stesso portandosi fino al suicidio. Indaga quasi giornalisticamente gli effetti della rigida struttura gerarchica all’interno della famiglia, della società. Ne fuoriesce un mondo algido, fatto di rapporti umani ridotti a pura formalità, freddi come la lama di bisturi che Haneke usa per sezionarli e metterli in mostra. Un occhio inflessibile, reso ancora meglio dall’utilizzo di un bianco e nero bergmaniano e dalla rigidità dell’occhio della telecamera. I bambini di quel villaggio si scopriranno vittime e carnefici al contempo. Rappresenteranno l’impossibilità di raggiungere quella purezza rappresentata dal nastro bianco, attaccato dai padri come monito e come memento al loro braccio. Ma le colpe dei padri se le porteranno dietro e saranno punite, come recita il biglietto trovato ai piedi di un bambino seviziato barbaramente. La necessità di punire innesterà un circolo vizioso dal quale non ne uscirà indenne nessuno. Quei bambini infatti daranno il volto alla futura Germania nazista. E la profezia implicita in quel messaggio è oramai storia.